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LETTERA A S.



Caro il mio S.
Come vedi ti scrivo e se un prof. ti scrive deve esserci un motivo. Sono giorni, infatti, che penso a cosa ti spinga a stare zitto di fronte a tutto quello che ti circonda. L’omertà e l’indifferenza che stai mostrando di fronte al dolore altrui ti rendono complice di chi ha materialmente compiuto le azioni che stanno facendo soffrire una persona che conosci da tanto tempo. Una cattiveria gratuita che nessuno merita.
In questi anni abbiamo parlato del rispetto verso il prossimo, del coraggio di fare delle scelte e di essere solidale nei confronti di chi soffre. Mi chiedo: dove sono finite le mie parole, i miei esempi, le testimonianze? Con questa lettera voglio ricordarti che non erano storielle per intrattenerti. 
Visto quello che sta accadendo ho fatto un salto indietro nel tempo. A quando avevo la tua stessa età.


Prova ad immaginarmi. Alle medie ero cicciottello, portavo occhiali spessi e il mio outfit giornaliero era composto da felpa e pantaloni della tuta. E non è una bugia se ti dico di non essere stato il ragazzo più Swag della scuola, anzi ero il contrario. Ero un po' più infantile di certi miei compagni, mi interessavano solo le partite di calcio (facevo il portiere), l’Inter (per quegli anni tifare questa squadra era molto da sfigati, perdeva sempre) e girare in bicicletta. Le ragazze non erano nei miei pensieri (poi ci sono entrate nei miei pensieri, ma per loro non esistevo).
Alle superiori facevo una scuola che non mi piaceva e che accendeva i miei sogni solo durante le ore di italiano e storia (per il resto non mi importava di niente). Tutto sommato però sono arrivato dove sono passando anche attraverso le cose brutte. Ce l’ho fatta.
Nonostante un’adolescenza più o meno serena sono stato anche io vittima di bullismo, in tanti modi. Proprio come sta accadendo a qualcuno accanto a te.
Sono stato anche io vittima di cattiverie e a volte di frasi irripetibili. Certo, non ti nascondo che avrei desiderato che qualcuno prendesse posizione e mi difendesse. Che non stesse zitto di fronte agli insulti e agli spintoni, che non restasse indifferente di fronte al mio dolore.



Caro il mio S.,
sappi che il silenzio di chi sa e non parla è complice e fa male più delle botte, più degli insulti, più delle parole. Credimi l’ho provato sulla mia pelle.
Rispetto ad altri, però, ho avuto la forza di resistere, di rialzarmi, di combattere. Allora ti pongo una domanda: «Ti senti in pace con la coscienza sapendo che un’altra persona sta soffrendo anche a causa del tuo silenzio?».
Pensaci caro il mio Studente (adesso completo la parola).
Dimostrami che hai capito la lezione e che sei pronto per schierarti dalla parte giusta. Ricorda alla persona che stai coprendo con il tuo silenzio che si è persone migliori quando si ammette di aver sbagliato e si chiede scusa. Cerca di far capire a questa persona che le fratture nel cuore fanno più male di quelle sul corpo.
Caro il mio Studente, se hai bisogno d’aiuto cercami. 
Sappi che trovare la forza di denunciare chi ha commesso un’ingiustizia ti distinguerà dalla massa. Sarai diverso da coloro che, pur essendo a conoscenza dei fatti, sono rimasti a guardare. Studenti come te che, colpevolmente, hanno scelto la via più comoda, che alla lunga non paga.
La verità, caro il mio Studente, viene sempre fuori prima o poi. 
Ti aspetto!
Prof. RH Plus

Nota a margine: Lo studente a cui è rivolta questa lettera aperta non è una persona reale. È solo uno dei tanti che, di fronte ad episodi di bullismo, sceglie di stare a guardare.  Pertanto, ogni rifermento a fatti cose e persone è puramente casuale. L’unica storia “reale” è la mia. E, forse, ci leggerete anche la vostra.
Prof. RH Plus

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