Anni fa in occasione della mia Laurea Magistrale dovendo elaborare un progetto di tesi attuale pensai che avrei dovuto analizzare ciò che mi circondava ogni giorno. Una riflessione frutto della mia esperienza di insegnante di Religione nella scuola pubblica italiana che presenta un contesto sociale ampio e diversificato.
Tra i molti fattori che determinano questa realtà disomogenea, vi è quello dei cosiddetti fenomeni migratori, che da decenni ormai si sono posti alla ribalta della scena pubblica italiana e della scuola in primis. Gli immigrati da qualche anno si fermano in Italia, «mettono radici», vivono e crescono accanto a noi. Da progetto e viaggio di singoli, l’immigrazione diventa spesso familiare, coinvolge soggetti diversi, pone all’interno e all’esterno del nucleo nuovi bisogni e necessità.
L’istituzione scolastica italiana viene oggi messa alla prova perché, di fronte alle molteplici culture che la popolano, deve essere in grado di accogliere e istruire senza distinzioni di sesso, di religione e di condizioni personali e sociali. La scuola è sollecitata a rivedere le proprie politiche educative, le modalità e gli stili d’insegnamento e di apprendimento perché ha scelto di privilegiare un intervento educativo improntato all’apertura, all’incontro, allo scambio, al rispetto e al dialogo con le diverse culture. La scuola deve educare gli alunni all’acquisizione di un pensiero interculturale disponibile a conoscere e a confrontarsi con una pluralità di punti di vista, un pensiero che attivi una mentalità aperta al riconoscimento dell’altro, capace di collaborare nella e per la differenza, orientando gli studenti verso un dialogo che si apra tra culture diverse. Il dialogo nasce quando c’è intenzionalità, esprime la capacità di accostarsi all’altro, di saperlo ascoltare e di riuscire a trovare dei punti di contatto. É la capacità dialogica che porta alla costruzione della relazione, che non si costruisce in un semplice contatto tra persone, ma avviene in un luogo preciso, nello spazio intersoggettivo, ossia nella sfera dialogica suscitata dall’incontro tra Io e Tu.
Per fronteggiare la sfida della società multiculturale e multietnica, la scuola deve sapersi rinnovare nell’organizzazione dei tempi, degli spazi, delle relazioni, della professionalità degli insegnanti. Si deve dare vita ad una scuola aperta, accogliente, che valorizzi la partecipazione, la cooperazione, il dialogo, la comprensione; che elimini qualsiasi forma di razzismo o discriminazione; che coinvolga tutte le forze istituzionali interne ed esterne alla scuola e ne valorizzi le sue risorse materiali e professionali. La scuola, allora, non avrà come obiettivo la sola trasmissione di contenuti, pur sempre necessari, ma la promozione di quelle competenze che permettano allo studente di esprimere pienamente la persona che è, attraverso il percorso formativo dei singoli ordini. L’Insegnamento della Religione Cattolica (di seguito abbreviato IRC), al pari delle altre discipline, è chiamato a riflettere sul proprio ruolo all’interno della scuola, a tracciare linee pedagogiche teorico-pratiche che gli consentano, secondo le finalità della scuola stessa, di essere promotore di un sapere che superi i limiti dell’odierna frammentarietà e del tecnicismo; e al contempo di essere operatore d’interculturalità e interdisciplinarità.
L’IRC nella sua specificità e secondo l’evoluzione storica che l’ha contraddistinto, nel suo orizzonte pedagogico che fa del valore ontologico della persona la propria cifra sostanziale, si colloca pienamente quale operatore di interculturalità. Questo può avvenire solo se riesce, non perdendo di vista il piano disciplinare, a ricollocare i propri contenuti ritenuti patrimonio culturale del Paese – quali possibili elementi nella costruzione dei personali progetti di vita degli studenti – integrando nella propria proposta formativa le multiformi realtà vive della società allargata.
In questo orizzonte, la religione – in una società sempre più multiforme – è coinvolta direttamente nel dialogo interculturale essendo parte integrante delle culture. Il punto di incontro tra le diverse religioni è esistenziale e si pone sul terreno delle domande di senso. Infatti, come afferma la dichiarazione conciliare sulla libertà religiosa: «gli uomini attendono dalle religioni la risposta ai reconditi enigmi della condizione umana, che ieri come oggi turbano profondamente il cuore dell’uomo».
L’insegnamento scolastico della religione cattolica, che differisce nelle finalità con la catechesi (la quale promuove l’adesione personale a Cristo e la maturazione della vita cristiana), trasmette agli alunni le conoscenze sull’identità del cristianesimo e della vita cristiana. In questo modo, come ha indicato Benedetto XVI agli insegnanti di religione, si prefigge "di allargare gli spazi della nostra razionalità, riaprirla alle grandi questioni del vero e del bene, coniugare tra loro la teologia, la filosofia e le scienze, nel pieno rispetto dei loro metodi propri e della loro reciproca autonomia, ma anche nella consapevolezza della loro intrinseca unità che le tiene insieme. La dimensione religiosa, infatti, è intrinseca al fatto culturale, concorre alla formazione globale della persona e permette di trasformare la conoscenza in sapienza di vita".
Lo statuto epistemologico di questa disciplina scolastica colloca, in definitiva, l’insegnamento della religione cattolica accanto agli altri insegnamenti non come accessorio, ma in un necessario dialogo interdisciplinare che intende costruire una cornice di senso accettabile a livello progettuale. Riflessione, questa, che richiederà ulteriori approfondimenti partendo magari da altre esperienze realizzate nelle aule scolastiche e che vedano l’IRC come propulsore di queste istanze educative divenute ormai necessarie in un mondo in continuo mutamento.
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